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“Un Glorioso Disastro” è il secondo album dei Cassandra – Leggi l’intervista

“Un modo di approcciare la vita, non aver paura dei fallimenti, non essere paralizzati dalle scelte.”

 

E’ stato pubblicato lo scorso 1 dicembre il secondo album di studio dei Cassandra, intitolato Un Glorioso Disastro.

In una cornice dal sound dirty pop, la band fiorentina in questo nuovo lavoro esplora le varie sfaccettature dei problemi e dei piccoli fallimenti quotidiani, infarinandoli con un velo di rassegnazione mista a ottimismo e goliardia per rendere tutto sommato il risultato piacevole, sia a livello musicale, che di messaggio trasmesso.

Abbiamo avuto occasione di fare qualche domanda ai membri della band e vi riportiamo qua sotto cosa ne è venuto fuori.

 

Ciao ragazzi! Partenza piuttosto standard per iniziare a conoscervi: vi chiamate Cassandra perché vi sentite profeti di sventura oppure c’è un altro motivo?

No diciamo che è molto più “terra terra” come motivo. Davanti alla nostra sala prove comparvero due scritte sul muro “Lucia infame” e “ Cassandra mi manchi”. Diciamo che “gli infami” non ci sembrava una grande idea e quindi si optò per Cassandra.

 

Invece parliamo del vostro sound… io ogni tanto ci riconosco qualche rimando a Cesare Cremonini e ai compianti Canova… voi ci ritrovate qualcuno dei vostri riferimenti? Oppure avete altre ispirazioni?

Beh assolutamente si, Squerez è forse il primissimo disco che abbiamo comprato (tarocco,in una bancherella sulla spiaggia) e i Canova pure sono un di quei progetti dove l’ attitudine da band si fonde con la spinta cantautorale.

 

Cos’è “Un Glorioso Disastro”, oltre al titolo del vostro ultimo album?

È un modo di approcciare la vita, non aver paura dei fallimenti, non essere paralizzati dalle scelte, ma cercare di affrontare tutto alla grande, che comunque vada deve essere spettacolare.

 

 

Passiamo invece alla parte che sta storicamente più a cuore a noi di tuttigiuparterre: il live. Qual è la vostra idea di live?

La nostra idea di live è radicata nella gavetta più profonda, quella dei locali marci, dove non senti nulla e ti devi conquistare il pubblico uno ad uno. Una volta passato da lì nessun palco ti farà più paura. Il live mette a nudo l’artista; solo lì si vede di cosa sei fatto.

 

Vi va infine di raccontare un aneddoto particolare divertente o meno legato a un vostro live?

Questo racchiude molto bene la nostra attitudine: finiamo di suonare, non siamo in condizioni di tornare in albergo (tutti) al proprietario del locale siamo così piaciuti che ci offre di dormire sul palco, chiudendoci dentro. 
Accettiamo e il giorno dopo ci sveglia con caffè e cornetti. Tutto molto bello.

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