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Il Vento: l’amore edonistico raccontato da Santandrea | Intervista

di Giorgia Groccia.

Santandrea, nome d’arte trafugato dal quartiere Sant’Andrea appunto, è un giovanissimo e talentuoso cantautore romano il quale si accinge a vivere la propria alba mediatica grazie all’uscita de “Il Vento”, il primo singolo estratto dal disco d’esordio in uscita dopo l’estate per la neonata etichetta romana Romolo Dischi.

Si tratta di un cantautore vecchia scuola, un narratore affine alla propria città totalmente immersa tra la bellezza dell’arte e la decadenza, lo specchio riflesso di una bella signora con le rughe, con dei solchi sul viso che raccontano qualcosa in più rispetto ad una banale vecchiaia. Santandrea nel suo brano “Il vento mastica un amore dalla tinteggiatura retrò e dal sapore edonistico, circoscritto nel rapporto tra due persone fondato sull’incompatibilità e sulle vertiginose regole sociali su cui le relazioni solitamente costruiscono il proprio solido nido: in questo caso vi è un completo desiderio di sdoganare certe sovrastrutture, e per farlo, Santandrea utilizza la sessualità come veicolo di un messaggio importante, ovvero l’abolizione di quelle stesse gabbie che l’uomo tende a sobbarcarsi senza porsi troppe domande. Il pezzo è stato presentato questa estate durante alcune rassegne romane: Italian Stail Garden Edisciòn (Monk), Frutta Fresca Fest (Parterre della Farnesina), Pierrot Le Fou (Largo Venue) e Spaghetti Unplugged (Marmo).

L’album, suddiviso in 7 tracce, è stato registrato a Roma da Federico Nardelli (Gazzelle, Galeffi) poi missato e masterizzato a Bologna presso l’Alpha Dept. Studio di Giacomo Fiorenza e Andrea Suriani.

 

 

Questa sera, 5 ottobre 2018, Santandrea parteciperà alla serata inaugurale di It’sUp2U a Largo Venue, e nel mentre ci gustiamo la nostra bella chiacchierata con il cantautore che ha deciso di raccontarsi per Tutti giù parterre.

Il tuo singolo Il Vento racconta qualcosa di autobiografico?
Si, come tutto l’album del resto.

Quando scrivi da cosa trai ispirazione?
Traggo ispirazione da ciò che mi succede, dalle persone che incontro, da ciò che non mi lascia indifferente. Lavorando in hotel di notte spesso fantastico sulle persone che lo frequentano, sul perché sono lì . Lo stato confusionale dalla notte poi mi aiuta a fondere queste storie con quelle che sono le mie esperienze di vita, diventando un tutt’uno.

Qual è stato l’evento della tua vita che ti ha più avvicinato alla musica?
Quando avevo 7 anni mio fratello aveva una videocassetta dello ZooTv degli U2. Rimasi folgorato dal mare di gente e accendini che sembrava non aver fine. Da lì in poi tutte le storie con i miei giocattoli divennero dei concerti futuristici dove la mia scrivania era un palco altissimo che superava la nuvole di cui si poteva sentire solo la musica senza riuscire a vedere chi la suonava.

In quale genere musicale pensi di rispecchiarti di più?
Sono cresciuto con il pop rock, quindi credo sia questo.

Raccontaci la colonna sonora della tua vita in 5 brani.
Confortably Numb- Pink Floyd
Across the universe – Beatles
Ultraviolet – U2
Cold desert – King’s of Leon
You – The 1975

Per il videoclip “Il Vento” hai scelto uno scenario particolare che richiama delle sfumature vintage edonistiche. Raccontaci la gestazione di questa idea.
Feci sentire il pezzo a Silvia Clo De Gregorio, le piacque molto e decise di fare il video nonostante il mio budget limitato. Le dissi che aveva carta bianca purché fosse qualcosa di forte. Le venne l’idea di questa ragazza che vive il sesso tra le cose immobili delle sue mura domestiche. Mi piacque molto la scelta degli attori: lui con i capelli lunghissimi, lei con i capelli corti che mi ricorda un po’ una Nina Simone versione bianca. Provai a mettere piede sul set ma venni cacciato dopo poco, vista l’estrema intimità con cui stavano girando quelle scene.

 

 

Quanto influisce la tua città, Roma, nella scrittura dei tuoi brani?
Molto, tutte le sere attraverso la città per andare al lavoro a bordo di un autobus passando dalle borgate per arrivare in pieno centro cogliendone tutte sfumature che una città così può offrire: dal coatto, al barbone, all’extracomunitario fino al turista. È una città che odio, dove non funziona niente ma che forse, proprio per questo, mi provoca a tal punto da tirar fuori cose di me che sono altrettanto imperfette.

Cosa pensi della dispartirà numerica tra cantautori e cantautrici nella scena odierna?
Solo una casualità.

Dove ti vedi tra 10 anni?
Tra 10 anni mi auguro di aver fatto anche un solo singolo di successo che mi permetta di vivere il resto della vita senza dover fare più  nulla, così da poter girare il mondo campando di rendita…

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