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Coca Cola On Stage Awards e macchina fusa

C’è un sole perfetto, ma noi preferiamo la nebbia e da Mosciano Sant’Angelo (TE) – dove abbiamo appena assistito al concerto di Brunori Sas al Pin Up (pieno e caldo ai limiti della sopportabilità umana) – ingraniamo la prima di una macchina che ci lascerà a piedi (spoiler) e impostiamo il navigatore in direzione Milano: ci sono i Coca Cola On stage Awards, abbiamo espresso il nostro voto (che terremo segreto, non ce ne frega niente se insistete) e abbiamo promesso che Tutti giù Parterre ci sarà. Costi quel che costi, anche il prezzo di un motore (secondo spoiler). Ve la facciamo breve: alla fine il pranzo è a Torino, di fronte alla Mole (grazie ancora Stefano), 150 chilometri in più che non pesano perché la compagnia è giusta e il panorama è quello che vedete qui sotto.

Nel pomeriggio ripartiamo per Milano, direzione Fabrique. Ampio parcheggio a 5,00 euro (prezzo fisso) e ci mettiamo pazientemente in fila in mezzo ad una folla di teenager che hanno fatto sega per guadagnarsi i posti in prima fila e genitori consenzienti. Partono paranoie esistenziali (Chi siamo? Dove siamo? Perché siamo? Quanti anni abbiamo?), poi arriva la pioggia a schiarirci le idee. Verso le 20, due gorilla all’ingresso iniziano a smaltire la coda. Siamo in tre, due hanno il pass, una la mail della zia con la foto di famiglia. Il gorilla la fa entrare lo stesso e prendiamo posto sulla sinistra del palco. La location è perfetta sia dal punto di vista dell’acustica che della logistica (con due maxi schermi ai lati per agevolare le ultime file) e se consideriamo che sia un evento gratuito, non riusciamo davvero a trovare difetti. Si inizia addirittura in orario: sul palco sale Federico Russo, nel backstage c’è invece Paola Turani.

Il primo artista ad aprire i Coca Cola On Stage Awards è Federico Gabbani, vincitore di Sanremo nel testa a testa con Fiorella Mannoia, che porta a Milano Amen e la scimmia dell’hit Occidentali’s Karma. A seguire è il momento di Clementino, artista rap dell’anno, che presenta Tutti Scienziati, nuovo estratto dall’album Vulcano, ma il momento più toccante lo regala Niccoló Fabi (artista maschile dell’anno) con una commovente versione di Facciamo finta, applauditissima dal pubblico.

Calato il tris, lo show (che probabilmente andrà in onda sui Rai 2 a metà aprile) va in pausa.
Giusto il tempo di ricaricare le pile per la performance di Levante, miglior artista alternative, che infiamma il Fabrique con Non me ne frega niente (dall’album in uscita Nel caos di stanze stupefacenti) e Le lacrime non macchiano (da Abbi cura di te): pochi minuti di energia pura, seguiti dalla dedica del riconoscimento a tutti gli artisti che si esibiscono davanti ad una decina di persone, ma meriterebbero una platea più ampia. Chapeau.
Chiudono la serata Michele Bravi – premiato da iPantellas – con Il diario degli errori e Solo per un po’ (da Anime di Carta) e Thegiornalisti con Completamente e Il tuo maglione mio, nel mezzo breve comparsa dei Negramaro che hanno ritirato il premio come migliore band.

Ci sentiamo soddisfatte. Abbiamo assistito ad una serata diversa dal solito, ma adesso – sarà per la notte passata in auto – siamo esauste. Sul cruscotto c’è un biglietto e la fatica passa in un baleno. Abbiamo acchiappato. Dobbiamo solo capire chi sia la fortunata. “La prossima volta parcheggiami sopra!”. Grazie, non mancheremo. Stiamo per tornare a Pescara, rassegnate ad altri 600 km e un’altra notte insonne, poi arriva una visita inaspettata e un invito che ci sembra un miraggio: “State da me”. Senza punto di domanda. A mezzanotte ceniamo e brindiamo a bomber Torti: il tuo divano letto è il più comodo della storia dei divani letto, sappilo. Ci addormentiamo con il sesto racconto consecutivo dell’incontro tra Claudia il Paggetto Bubbico (che si è intrufolata nel backstage con la solita foto della zia) e Levante, lo abbiamo imparato a memoria ma chiediamo ogni volta particolari nuovi.

Il giorno dopo ci svegliamo fresche come delle rose e ostentiamo la nostra serenità su Facebook: “Torniamo a casa, felici”. Il post successivo è il video di un carro attrezzi che porta via la macchina, riprendiamo tutto da una prospettiva strana perché il posto guida è vuoto e le ruote sono ferme anche se ci muoviamo verso Bologna. Volano Madonne, lo confesso. Ma sbollisco la rabbia con una passeggiata in centro, panino con la mortadella e birra. Mi tornano in mente le parole di mia madre: la vita non è quella che programmi, la vita è quella che ti capita. Improvvisiamo il ritorno in autobus, mentre scrivo sono ancora in viaggio. Baltour indica un orario di arrivo, per scaramanzia faccio finta di non aver letto. Metto un po’ di musica nelle orecchie e chiudo gli occhi. L’ultima voce che ascolto è quella di Levante.

Fulvia

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