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Call me CARDO: tra cantautorato, dream pop, nostalgia e suoni anni ’90

L’artista che abbiamo intervistato si chiama Mirko Di Fonso, ma si fa chiamare CARDO. Figlio degli anni ‘90, cresce con le serie tv di quel periodo, con il mito del calcio, il game boy, le Reebook, il Festivalbar e i dischi di Vasco Rossi. Dopo alcune esperienze in ambito musicale, inizia a comporre musica e a scrivere i testi all’interno della band I Botanici. Ad ottobre del 2017, durante un viaggio in Scozia, nascono le sue prime canzoni scritte con una chitarra e una vecchia tastiera Casio. Inizia così a sviluppare un proprio contenuto e una propria cifra stilistica che lo porteranno verso un cantautorato sognante e romantico, caratterizzato da una leggera malinconia. E’ proprio il viaggio in Scozia a La Scozia a suggerirgli il nome CARDO. Le sue canzoni parlano di ciò che vive sulla propria pelle, di ciò che sente e accade dentro e fuori, canzoni per chi, come lui, si ritrova a vivere nell’incertezza di oggi e di domani.  Noi lo seguiamo da I botanici e dagli albori del progetto CARDO, annunciato attraverso un post di Facebook qualche mese fa. Così, abbiamo voluto fargli qualche domanda sul suo progetto e ci ha rivelato tantissime cose interessanti. Scopriamole insieme:

 

Ciao CARDO sei originario della provincia di Benevento ma circa un anno fa decidi di partire per la Scozia, in un post di Facebook hai detto che per te questo tuo viaggio e l’esperienza all’estero ha influenzato la scrittura dei tuoi testi. In che modo? E come mai hai scelto il nome Cardo?

In Scozia ho riscoperto una mia attitudine al cantautorato grazie all’uso del pianoforte che mi ha influenzato nella composizione e quindi nell’approccio alla scrittura. Nonostante nasca come chitarrista, per cui sono abituato a scrivere principalmente con la chitarra, ho poi capito che il piano poteva essermi maggiormente d’aiuto nella composizione. Utilizzo principalmente tastiere Casio, di quelle anni ’90 con tutti quei suoni caratteristici e particolari. Avviene tutto in maniera molto semplice e naturale: io e la mia tastiera. Il nome CARDO deriva dall’omonima pianta anche simbolo della Scozia. Ho iniziato proprio in Scozia a scrivere le mie canzoni, tutto è iniziato lì un anno fa. Cercavo un nome che potesse ricollegarmi a quei posti. Inoltre la pianta del cardo nasce anche dalle mie parti: vengo dalle colline della provincia di Benevento. Quindi questa parola unisce un po’ tutto.

 

Ti va di raccontarci come e quando è nato il tuo primo singolo “Portami al mare”?

Era un giorno di primavera, quest’anno, ero su instagram e avevo visto la foto di una vasca da bagno davanti ad una finestra aperta sul mare, le tende mosse dal vento, una di quelle immagini da cartolina in cui vorresti vivere. In primavera non vedi l’ora che arrivi l’estate per andare al mare ed io ero in ufficio…  Da lì ho iniziato a viaggiare con la mente e ho scritto il testo e la musica di “Portami al mare”. Molte sono immagini realmente vissute come i cruciverba in spiaggia, le birre sotto l’ombrellone, il Croccante all’amarena e cioccolato, il mare di Finale Ligure dove andavo quando vivevo a Milano.

Con la tua band facevi musica emocore, in che modo hai sviluppato questa nuova cifra stilistica cantautorale, sognante e romantica, ma allo stesso tempo anche un po’ malinconica?

Nella mia vita creativa ho attraversato diverse fasi, tra cui anche il pop e il cantautorato. Lo suonavo nel periodo tra i 17 e i 22 anni ma ancora non scrivevo i miei brani. In quegli anni avevo iniziato insieme ad un amico a suonare un po’ di cover dei vecchi cantautori italiani. Subito dopo sono entrato in una band in cui suonavamo beat generation italiana ovvero tutte quelle canzoni provenienti dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra ma con testi totalmente stravolti in italiano. Ho avuto anche un lungo periodo in cui suonavo blues e sono sempre stato un fan dei Rolling Stones; il blues vecchia scuola sa essere molto malinconico! Ascolto anche molto dream pop e nella mia musica cerco di unire un po’ tutte queste cose trovando il giusto equilibrio tra cantautorato, dream pop, nostalgia e suoni anni ’90. Poi sono cresciuto con le colonne sonore delle serie tv con le quali mi svegliavo la mattina in estate, credo che mi abbiano lasciato qualcosa, anzi mi hanno segnato!

 

Intervista Cardo

Sei un figlio degli anni ’90 con una spiccata passione per le serie tv di quel decennio: se “Portami al mare” fosse una serie tv quale sarebbe?

Ho scritto portami al mare pensando a tre serie TV:  Baywatch, Dawson’s Creek e Twin Peaks. La mia idea era di tradurre quelle atmosfere in musica,  in modo del tutto personale,  attraverso l’uso di determinate sensazioni e colori.

 

Uno dei tuoi riferimenti musicali è Vasco Rossi: c’è una canzone del Blasco che preferisci più delle altre?

Mia madre era una grande fan di Vasco Rossi quindi fin da piccolo ascoltavo i vecchi album: vado al massimo, bollicine, c’e chi dice no, siamo solo noi. è stato il primo artista che ho ascoltato e non ho mai smesso di amare; credo che i suoi primi dischi siano opere meravigliose, dolci, malinconiche e allo stesso tempo piene di vita. Sicuramente tra i miei riferimenti ci sono tutti i suoi primi dischi. Non saprei dirti la mia preferita tra tante canzoni ma sicuramente preferisco meno quelle rock.

 

 

Da un paio d’anni a questa parte la musica indipendente sta letteralmente spopolando: secondo te a che cosa è dovuto questo fenomeno?

Credo che questo fenomeno sia dovuto a molti fattori tra cui quello sociale: una generazione che sicuramente vive le sue problematiche e quindi nella musica trova uno sfogo e un mezzo per comunicare; la scrittura diventa un rifugio e allo stesso tempo un canale forte per arrivare a qualcuno. Negli ultimi anni infatti abbiamo assistito alla nascita di tantissimi artisti all’interno della musica indipendente fino ad arrivare addirittura all’affermazione di un genere “indie” italiano. Credo sia un momento positivo per la musica e c’è bisogno di continuare a crescere e a ricercare sempre più la qualità in questo genere che può dire ancora tanto e deve farlo con consapevolezza. In ogni caso con la musica indipendente è arrivata una linfa nuova che ha rimescolato le carte all’interno della musica italiana andando addirittura a contaminare i canali più commerciali. Oggi i due mondi non sono così distanti.

 

In un’altra intervista ho letto che non preferisci definire CARDO un progetto, bensì un team. Da appassionato di calcio, la tua squadra che obiettivi si pone per il futuro?

Scrivo le canzoni da solo poi quando entro in studio mi piace parlare di team perché da quel momento con me lavorano altre due persone- Francesco Pontillo e Tommaso Pacchioni – due figure molto importanti nella produzione dei miei brani. Partiamo dalla produzione dei pezzi e solo quando ci convincono in ogni parte passiamo alla registrazione. Lavoriamo molto in studio e questa è una fase fondamentale. Registro al Deposito Zero Studios che si trova a Forlì: un posto bellissimo.

In questo periodo abbiamo un po’ di pezzi da registrare e ora pensiamo a questo e a farlo bene. Conto di iniziare a portare in giro le mie canzoni dal prossimo anno. Probabilmente dalla primavera.

 

Tra presente e futuro, con I botanici continuerai oppure ti dedicherai completamente a questo tuo nuovo progetto?

Pur essendo stato tra i fondatori della band ho deciso di dedicarmi completamente a questo mio progetto che mi sta dando grandi soddisfazioni. Necessitavo di un nuovo modo di esprimermi e per questo motivo ho deciso di non continuare più con la band. In ogni caso auguro il meglio ai miei compagni con i quali sono rimasto in buoni rapporti. Sono scelte da fare anche se mettono un po’ di tristezza, ma la vita ci mette costantemente davanti a scelte di questo tipo. Nonostante questo sono carico, è un bel periodo in cui si lavora molto in studio e non vedo l’ora di farvi ascoltare i nuovi pezzi. Poi ci sono i miei fans che mi spingono a fare sempre meglio. Posso dirvi che a pochi giorni dal mio esordio tutto questo è bellissimo e inaspettato. Ora penso a fare canzoni cercando di dare il massimo e voglio ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo e supportando.

 

 

Intervista a cura di Lorenzo Scuotto 

 

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