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Ruvio: tra la metropoli e i sentimenti, leggi l’intervista

Martedì 26 febbraio esce esclusivamente su YouTubesConosciuti a Milano”, secondo brano del progetto discografico di Alessandro Ruvio

Alessandro Ruvio comincia a scrivere canzoni nel 2013, pubblicando i videoclip degli inediti “Guardavo te” , “A te” (www.vesposition.com) e “Lo stesso passo” per la regia di Fabio Rao. Dal 2017 comincia a esibirsi dal vivo e con “Lo stesso passo” arriva in semifinale al Premio Pierangelo Bertoli. Milita da dieci anni nei “The Rubber Soul”, con cui partecipa a programmi RAI come “Domenica In” e “I raccomandati”. Nel 2018 è tra i finalisti della seconda edizione di ”Non è mica da questi particolari che si giudica un Cantautore”, il contest romano di scrittura su commissione giunto quest’anno alla terza edizione. Dopo il primo singolo “Concedetemi un giorno”, martedì 26 febbraio esce esclusivamente su YouTubesConosciuti a Milano”, secondo brano del progetto discografico di Alessandro Ruvio che ha inaugurato le produzioni di Non è mica Dischi, etichetta nata dal concorso “Non è mica da questi particolari che si giudica un cantautore”.

La canzone anticipa l’uscita del primo disco del giovane cantautore, ingegnere e ricercatore universitario, prevista per marzo 2019 col supporto di Noteum Srls.

sConosciuti a Milano” mescola i titoli di grandi successi del Festival di Sanremo per raccontare il gioco dell’amore.

Febbraio: mese dell’amore e del Festival della canzone. Milano, la capitale degli eccessi, la odi o la ami, non contempla mezzi termini. Milano tra l’euforia e la frenesia, si scandisce come fosse un orologio che rintocca il tempo di un incontro.

Ruvio costruisce un perfetto parallelismo tra luogo fisico e luogo emozionare, paragonando così le strade trafficate ai tempi di gestazione di una storia: prendersi, lasciarsi, ritrovarsi, conoscersi e, alla fine di ogni cosa l’epilogo, sConoscersi appunto. Questa è l’arte dell’amore, questa è l’arte di restare in piedi nonostante l’alienazione metropolitana: tutto ciò si può imparare con un giro di giostra.

Noi di Tutti giù Parterre abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Ruvio, eccone il risultato:

 Raccontaci la tua esperienza durante la seconda edizione di “Non è mica da questi particolari che si giudica un cantautore”.

È stata un’esperienza di piena condivisione svolta in un clima di sana, spensierata e robusta competizione. Mettersi alla prova scrivendo canzoni su “committenza” non è stato semplice, ma certamente molto stimolante. La sfida di mese in mese è divenuta sempre più incalzante, al punto da avvertire anche una certa stanchezza negli ultimi appuntamenti.

Quando hai iniziato a scrivere canzoni?

Quelle tristi o quelle allegre? Scherzi a parte, erano gli anni dell’università. Ho scelto un corso di laurea non propriamente gettonato da una platea femminile, perciò dopo la prima delusione amorosa, in assenza del cosiddetto “chiodo scaccia chiodo”, ho avvertito l’urgenza di scriverne una, come credo sia capitato alla maggior parte dei cantautori.

Quando scrivi parti dal testo o dalla musica? Raccontaci la genesi dei tuoi brani.

Generalmente parto dalla musica, è lei che riesce a generare il testo. Suono più volte la stessa sequenza di accordi, cantando spesso parole senza senso allo scopo di trovare la giusta musicalità. A volte, però, capita che cominci a scrivere prima il testo, in quel caso è la musica ad essere irretita dalle parole.

Quale artista italiano del passato o del presente ti ha più influenzato/ispirato e perché.

Senza dubbio Jannacci, sia sotto il profilo artistico che umano. Lui medico della mutua, io ricercatore in ingegneria, entrambi accomunati dalla necessità di scrivere quelle che lui chiamava “canzonette”. Guardando a Jannacci, che portava avanti le due attività spinto dal bisogno di esprimere questa sua duplice natura, cerco di impegnarmi al massimo, forte del fatto che la ricerca si svolge prevalentemente di giorno, mentre la musica è un animale notturno.

 

Come pensi possa evolvere nel futuro prossimo la scena indie pop ad oggi tanto diffusa?

Da bambino, nel mio “ieri” musicale, associavo la parola “indie” a “indiano” e pensavo ai suonatori del flauto di Pan nelle fiere. Tralasciando questo disturbo del pensiero, trovo l’indie molto interessante perché rappresenta lucidamente lo scenario attuale. È un po’ come comprare il TVColor 24 pollici non più nel negozio di fiducia sotto casa, ma al centro commerciali. Sono convinto che i corsi e ricorsi storici porteranno un giorno alla riapertura dei vecchi negozi e il buon vecchio Sergio tornerà a farti un sorriso dedicandoti tutto il tempo che meriti.

 Ci racconti qualcosa di inedito su “sCONOSCIUTI A MILANO”?

sConosciuti a Milano racconta i tempi convulsi delle grandi città e del riflesso che hanno sui tempi dell’amore. Anche lì si può essere frenetici e prendere decisioni un tantino affrettate dettate dall’eccitazione del momento. È come salire su un tram senza leggere il numero della corsa, quando te ne accorgi, scendi alla fermata successiva e ne prendi un altro che magari va nella direzione opposta, ma giusta per te.

La copertina del Disco di Ruvio

Se dovessi scegliere tre album che ti hanno cambiato la vita quali sceglieresti?

Domanda difficile alla quale risponderò istintivamente, senza pensarci troppo.

Please please me dei Beatles

Quelli che… di Jannacci

Boomerang dei Pooh

 

Tour, album e progetti futuri.

A marzo esce il mio primo disco che narcisisticamente ho intitolato Ruvio, cui faranno seguito alcuni live. Ne annuncio qualcuno. Il 24 marzo ci sarà la presentazione in anteprima a Roma, mentre il 6 aprile al teatro Rendano di Cosenza eseguirò alcuni brani del disco nel corso di uno spettacolo di beneficienza organizzato dall’associazione Bambi – Amici dei bambini della Chirurgia Pediatrica, insieme a un cosentino eccellente: Brunori Sas.

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