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Nostromo ci racconta il suo nuovo singolo “Amarti”

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NOSTROMO con questo brano ci apre nuovamente le porte del suo mondo ricco di rimandi alla musica italiana degli anni ’60, ’70, ma anche di elementi di elettronica, intrisi di malinconia verso un passato che non è mai  stato vissuto e di un futuro sempre più incerto.

“Ciò che sembra incredibile accade, ci si separa. Sarebbe però incredibile credere in una separazione netta, riuscita, senza alcun tipo di ripensamento o risentimento. Amarti racconta la danza tra un pensiero e l’altro collocati esattamente agli antipodi. Una dolcissima danza a tempo determinato che viene interrotta da una nuova e giusta consapevolezza, che pur non volendo sono un pezzo di merda.”, ha affermato il cantautore sul singolo “Amarti”.

Ad accompagnare la notizia della pubblicazione del singolo, l’annuncio dell’imminente uscita del nuovo disco di inediti “CAMBI STAGIONALI”, prevista per il 27 gennaio 2023 via Trident Music/Sony. L’album, testimonianza dell’indiscussa capacità di NOSTROMO di dipingere con i suoni e le liriche il suo mondo fatto di ricordi, di vecchie e nuove consapevolezze e di paure: canzoni nate da storie che hanno urgenza di essere raccontate ma, soprattutto, ascoltate.

Lo abbiamo intervistato!

  1. Sai che “Amarti” è anche il titolo di un altro grande brano immortale, quello che porta la firma di Giovanni Lindo Ferretti. Lo hai mai ascoltato? Pensi che possa esserci una connessione con il tuo singolo “Amarti”?

    Allora, parto già antipatico. In realtà quel magnifico pezzo, ritornato di moda grazie alla tv spazzatura si intitola “amandoti”. Sia chiaro, ovviamente non era mia intenzione citare un gruppo di quel calibro, tantomeno ritrovarmi a scrivere o pensare possibili connessioni.

  2. Cosa puoi anticiparci del tuo nuovo disco in uscita? Riesci a viverti il fare musica anche senza ossessionarti con discorsi di algoritmi, playlist e simili?

    Questa domanda cade a pennello. Per la prima volta un brano pubblicato, proprio amarti, non ha fatto nessuna playlist editoriale. E ti dico, da una parte sono contento. Ho avuto modo di vedere quali sono gli ascolti organici, veri e di soddisfazioni ne ho avute parecchie. Purtroppo siamo tutti schiavi di queste maledette playlist, anche perché suonando poco finiscono per essere l’unico modo per far girare le canzoni. In questi giorni ho riflettuto molto: è un vero peccato che a decidere le sorti di un artista sia una multinazionale che di interesse ha solo quello di capitalizzare. Si perde il senso delle cose, il sudore versato e l’attenzione riposta nell’atto creativo. Ogni cosa perde la propria funzione naturale in favore del profitto.

  1. Cosa ti ha lasciato di più la musica degli anni Sessanta e Settanta? E quali sono le tue influenze musicali in tal senso?

    Ciò che ammiro degli artisti del tempo è quel modo sincero e sfrontato di dipingere la realtà, senza troppi giochi di parole, con semplicità. Le parole sono chiare, non hanno bisogno di fronzoli. Stefano Rosso, Pierangelo Bertoli, Dalla, Guccini, Graziani e tantissimi altri che non sto qui a citare; ognuno mi ha dato qualcosa e continua a farlo, con la speranza di riuscire a mettere nero su bianco non solo ciò che vivo nel quotidiano ma anche il modo in cui percepisco la società.

  2. Che rapporto hai con la tua famiglia? Perchè “Cambi stagionali”, il titolo del tuo disco in uscita, ha a che fare anche con i tuoi genitori?

    Ho la fortuna di avere familiari in grado di farmi sentire un adulto, insomma, non una di quelle che trattano i figli come eterni bambinoni. Sono una persona con delle responsabilità e con il dovere morale di dire la propria. Avere uno sguardo sul mondo e avere il coraggio di criticarlo, ragionevolmente e di pensarlo migliore di com’è. E forse è proprio grazie ai miei genitori che ho capito che non voglio essere come loro. Ma non voglio dire altro, è tutto scritto nel brano “cambi stagionali”, che da proprio il nome al disco.

  3. Cosa fai a Capodanno?

    Nulla di interessante, alla fine capodanno è solo il giorno in cui ti riprometti di fare cose che non porterai mai a termine, direi che c’è poco da festeggiare.

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