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Mattia Faes: un cantautore e le canzoni degli altri – Leggi l’intervista

“Cover, Vol. 1” è una piccola raccolta di canzoni (italiane e straniere) che il cantautore milanese Mattia Faes si è divertito a riarrangiare negli scorsi anni. Ne esce una serie di tributi personali e affettuosi, fedeli agli originali ma soltanto quanto basta.

Il cantautore milanese Mattia Faes ha da poco pubblicato Cover, Vol, 1 un piccolo EP di cover con cui ha celebrato alcuni dei suoi brani preferiti andando a riproporne una sua versione personale e affettuosa. Successivamente è uscito anche il video ufficiale di “Solsbury Hill” in cui Mattia prende per mano Peter Gabriel portandolo sulla Martesana per una sana pedalata. 

Insomma un progetto che, fuori dalle tendenze e dalla ricorsa al singolo orecchiabile, ci ha incuriosito parecchio, abbiamo quindi contattato Mattia per capire meglio il rapporto che lega chi abitualmente scrive canzoni alle canzoni scritte da altri.

Leggi l’intervista. 

Ciao Mattia, uscire con un EP di cover qualche mese dopo il tuo secondo EP di inediti è una scelta sicuramente particolare. Come si è sviluppata? 

Ciao! “Cover, vol. 1″ è un progetto spalmato su un arco temporale piuttosto lungo. Qualche anno fa ho cominciato a registrare musica nella mia stanza. L’idea era quella di preparare le demo dei miei inediti per arrivare pronto in studio di registrazione. In parallelo, un po’ per gioco e un po’ per passione, mi sono divertito a smontare e rimontare God Only Knows dei Beach Boys (era il 2019). Ho studiato l’armonia, poi trascritto tutte le parti che ho ri-suonato una per volta con gli strumenti musicali che avevo a portata di mano. Era un piccolo esercizio di stile e una palestra per affinare le mie abilità di fonico e produttore. A quel punto siccome ero piuttosto soddisfatto del risultato finale ho proposto a mio fratello (Nicola Faes, videomaker, N.d.R.) di girare un piccolo video-playback nel quale sullo schermo convivessero tanti piccoli me che suonavano i vari strumenti. E così è nato questo format, una sorta di biglietto da visita per mostrarmi non solo in veste di cantautore ma anche di arrangiatore, polistrumentista e produttore. Nei mesi e negli anni a seguire ho registrato le cover successive sempre accompagnate dai visual per YouTube, e l’estate scorsa mentre mixavo la mia versione di Solsbury Hill ho pensato insieme a Mirco Assandri (Delta – Ramificazione Culturali, ufficio stampa) che sarebbe stato simpatico raccogliere questi lavori sotto forma di un Ep.

Da cantautore che rapporto hai con il concetto di “Cover”? A livello di approccio e di arrangiamento quanto tatto occorre per un tributo rispettoso e quanta “sana incoscienza” sempre per produrre qualcosa di originale sulle basi create da altri? 

Se fossi cresciuto da solo su un’isola deserta scriverei canzoni? E se sì, per chi? Scrivere e cantare le proprie canzoni è una cosa delicatissima e mi è capitato di incontrare cantautori che categoricamente si rifiutavano di eseguire brani scritti da altri per non rischiare di farsi influenzare e rendere meno originali i propri. Io però prima di diventare autore sono stato per tanti anni studente ed esecutore di musica scritta da altri, è così che ho imparato a suonare e a scrivere e comunque penso che siamo ciò che ascoltiamo. Quindi lavorare sulle cover per me è una naturale prosecuzione del mio percorso di studente e credo che non smetterò mai di studiare musica. L’arrangiamento è un altro paio di maniche. Anche se in “Cover, vol. 1″ ho alternato arrangiamenti fedeli all’originale e stravolgimenti totali, quello che preferisco è questo secondo approccio. L’importante è non toccare la melodia (che eventualmente si può anche riarmonizzare cambiando gli accordi che la sorreggono). Per il resto dico: liberi tutti!! 

In ambito live, soprattutto nelle province, esiste storicamente questa dicotomia abbastanza aggressiva Tra “le cover band” e i progetti che propongono musica inedita, cosa ne pensi? ha senso questa divisione così netta? 

Come raccontavo prima io ho una posizione meno estrema, ma credo che rimanga comunque una differenza sostanziale tra cover band e musicisti che propongono inediti, soprattutto nei live. Una cosa è re-interpretare canzoni di artisti che ci piacciono e ci ispirano riproponendole in una nuova veste, altra cosa è cercare di ricreare il sound di qualcun altro per riprodurre un’esperienza il più simile possibile all’originale. Il primo rimane un processo creativo, il secondo può essere intrattenimento di altissimo livello ma forse ha meno a che fare con l’arte. 

Fra le cinque cover proposte in questo EP, qual’è la tua preferita? quella che avresti voluto scrivere tu e perché? 

Ah questa è una domanda difficilissima. Ovviamente sono cinque canzoni che ho amato e ascoltato a ripetizione finché non mi sono entrate sotto pelle, e mi hanno tutte attirato per motivi diversi. A livello di testo direi “Arabella” perché le immagini che le parole di Alex Turner dipingono sono davvero vivide e originalissime e vorrei anch’io portare un mondo così unico nell’immaginazione di chi mi ascolta (discorso analogo per il brano di Peter Gabriel). AncheL’appuntamento” per un motivo diametralmente opposto però: scrivere un testo così semplice e al tempo stesso così evocativo in italiano è un’impresa altrettanto ardua. Se i capolavori del pop anglofono sono costellati di “love” e “always” e “never”, in italiano è molto più facile scadere nel banale e ritrito. Dal punto di vista della musica sicuramente vorrei aver scritto io “God Only Knows”, mi piacerebbe tanto maneggiare gli accordi e il contrappunto come Brian Wilson e compari. Ma comunque mi “accontenterei” di aver scritto “Nel Blu Dipinto di Blu”, e a quel punto potrei vivere di rendita e passare il resto della vita a strimpellare e scrivere hehehehehe. 

 

Immagino che la pubblicazione di un Volume 2 sia lontana ma quali sono le canzoni, magari ipotizzate, che sono poi rimaste fuori da questo EP e che potresti “coverizzare” in futuro? 

Splendida domanda! Di certo il mio prossimo progetto discografico sarà un disco di inediti ma questo Ep non l’ho intitolato Vol. 1 a caso… Penso che proseguirò il lavoro di cover in parallelo come ho fatto in passato, creando contenuti audio-visivi fra un disco di inediti e l’altro. Non voglio fare troppi spoiler ma sulla nota del telefono intitolata Cover, vol. 2 ho appuntato Michael Franks, Grizzly Bear e Battisti fra gli altri. Comunque sono apertissimo a consigli e suggerimenti!

Biografia.

Mattia Faes è un cantautore e polistrumentista nato e cresciuto a Milano, dopo un’infanzia tra i dischi jazz e bossanova del padre, a sette anni prende in mano una chitarra acustica e negli anni non la poserà mai. Dopo un diploma di Conservatorio in chitarra classica si perde in una passione senza tempo per il folk anni ’70 di Nick Drake e inizia a sperimentare e a “scordare” la chitarra rompendo le imposizioni della propria istruzione e iniziando a scrivere le prime canzoni. Prima in inglese e poi in italiano la sua scrittura si fa sempre più trasversale e personale, fra pop, rock, folk e cantautorato i suoi brani sono delicati ed estroversi, leggeri ma sempre significativi. Mattia ha un approccio totalizzante alla musica: di giorno la insegna nelle scuole mentre la sera scrive, compone, si registra e si mixa nel suo home studio dove ha il controllo completo sulle sue canzoni. Nel 2015 ha registrato il suo primo album “equilibri” ora disponibile soltanto in CD. Negli ultimi anni pubblica una manciata di singoli sparsi in attesa di lanciarsi di nuovo su di un lavoro dal respiro più ampio. Il 1 luglio 2022 è uscito “Via Vela”, primo capitolo di una trilogia di EP pensata per esplorare diverse sonorità, tre diverse incarnazioni degli stili e dei suoni amati da Mattia durante la fasi della sua crescita musicale, perché l’unico modo per rimanere fedeli a se stessi è cambiare costantemente.

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