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I Bouganville ci raccontano “La grande evasione”, il loro nuovo album

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LA GRANDE EVASIONE è l’album di debutto dei BOUGANVILLE, in uscita per Dischi Belli e distribuito da Believe.
Dopo Investigazioni private e il nuovo singolo Non è cosa, in uscita il 9 marzo, arriva l’atteso album d’esordio della band: dieci tracce in cui viene cantata la voglia di fuggire, la difficoltà nell’affrontare le relazioni sociali e la retrospettiva rosea, un fenomeno psicologico tale per cui le persone tendono a giudicare il passato in modo molto più positivo di quanto giudichino il presente. Quest’ultima è uno dei temi principali dell’album, e si sviluppa in maniera diversa a seconda della canzone, portando rabbia, depressione, nostalgia, fastidio, frustrazione.  Lo scenario è la città, i luoghi di ritrovo che diventano un vero e proprio “quartier generale” ma che, col passare del tempo, possono trasformarsi in monumenti vuoti, pieni di ricordi. La copertina è un opera d’arte di Eugenio Carmi, importante astrattista Italiano morto nel 2016. L’opera si chiama “Realtà Sognata” e ha ispirato la band nell’estetica delle grafiche ma anche negli arrangiamenti delle canzoni.

  1. Quando avete scelto di diventare ufficialmente Bouganville?

I Bouganville esistono dal 2017, tuttavia abbiamo raggiunto la formazione definitiva nel 2019. Fino a quel momento eravamo un puzzle a cui mancavano dei pezzi: una volta completato, abbiamo avvertito la sensazione di essere pronti. Così ci siamo detti: “Ok, andiamo in studio”.

2. Come nasce un brano dei Bouganville? Insieme o a distanza?

In generale, è un processo non lineare, ogni canzone ha una sua storia particolare fatta di virate, ripensamenti, stravolgimenti. L’aspetto interessante di una band è proprio quello di condividere la direzione di un brano con più persone e provare a migliorarlo senza eccessivi personalismi. 

3. Qual è il fascino delle sonorità anni 60/70 che vi ha attratto?

Crediamo di “soffrire” tutti di quella nostalgia di un’epoca che non abbiamo mai vissuto: gli anni 60’ per noi sono così sospesi nel tempo da essere in qualche modo universali. Quando si ascolta una canzone di quel decennio, si avverte di quanto fosse un’epoca pioneristica nel campo musicale: c’era quell’eccitazione delle prime volte e uno sguardo ottimistico verso il futuro. 

4. Ci descrivete lo studio Soundsgood a Roma? Com’è l’atmosfera?

Urbana. Quando si esce dallo studio si è immersi in questa selva di palazzi, negozi, parcheggi. Abbiamo pensato di registrarlo lì proprio perché sentivamo che l’album raccontasse una realtà metropolitana. Federico Brugnola (il fonico dell’album), poi, ci ha fatto sentire a casa.

5. Chi siete nella vita quando non siete i Bouganville?

Siamo quattro persone che hanno ovviamente una vita diversa: c’è chi lavora proprio nel campo della musica, chi in altri settori, chi studia. Ci ritroviamo però nelle nostre canzoni: è il punto d’incontro fondamentale delle nostre esperienze personali.

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