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Colombo ci accompagna nel mondo oscuro e psichedelico di Emily Dickinson

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Con un’operazione di difficoltà non indifferente, il cantautore Alberto Trevaini, in arte Colombo, concentra in sole quattro tracce un universo esplosivo che ci racconta il suo percorso da pianista: ritroviamo qui infatti melodie di Dvořák (Sinfonia “Dal nuovo mondo”), Chopin (Notturno op.9 n.2), Tchaikovsky (Concerto per pianoforte e orchestra) e Ravel (Concerto in sol), tutte cose che a noi comuni musico-fili indie che beviamo al Pierrot Le Fou, ci sarebbero rimasti totalmente conosciuti. A questo ci aggiungono i versi immortali di Emily Dickinson, che qui rivive in una nuova veste, dove rimane la sua oscura malinconia e forza spirituale immensa, e ci accompagna in queste giornate di gennaio, estreme e silenziose.

Basterebbe questo per chiudere una recensione. In un mondo dove siamo sempre di più abituati ai singoli, all’immediatezza e alla ricerca del “nuovo”, a quest’assurda idea che per fare qualcosa di bello deve essere necessariamente anche nuovo, stravolgente, mai sentito prima, in un mondo dove sembra tutto a misura di Spotify, ritrovare Colombo, e la sua voglia di raccontare e raccontarsi, di scegliere i versi di Emily Dickinson, dichiarare di star facendo un disco che non è altro che puzzle di influenze e citazioni, un “già sentito” dichiarato e sfoggiato, è a dir poco commuovente. E bellissimo.

Ho avuto il piacere di lasciarmi cullare da questo disco durante un momento abbastanza critico, l’ultima camminata verso la mia stanza di Roma, l’ultima notte in una casa che ho amato e che avrei dovuto lasciare, era l’ultima volta che sarei tornato a casa, e le Wild Nights di Colombo non hanno fatto che proiettarmi nei suo mondo psichedelico e oscuro, un’oscurità bellissima a tinte pastello. Non lasciatevela sfuggire.

 

LV

 

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