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Roma stasera… era tutta con Motta

Per chi aveva già assistito ad un live di Francesco Motta quello di sabato sera al Monk di Roma non è stato certo una sorpresa. Seconda di due date consecutive che hanno entrambe visto andare esaurita ogni prevendita.

E con tutta probabilità, l’ultima nella Capitale per chi sa quanto tempo, vista l’ormai imminente fine del lunghissimo La fine dei vent’anni Tour, iniziato nell’estate del 2016. Una data che coincideva esattamente con il primo anno di vita del disco, il primo da solista di Motta che prima di allora, oltre che con il suo primo gruppo Criminal Jokers, aveva suonato e collaborato con Nada, con gli Zen Circus, i Pan del Diavolo e Giovanni Truppi.

Viste le prevendite esaurite si entra nella sala consapevoli che da lì a poco, l’atmosfera diventerà caldissima e non solo per gli animi. Qui entra in gioco l’esperienza dei frequentatori assidui del circolo Arci di via Mirri, che sanno quanto ben spesi siano i 2 euro di guardaroba. Più di un’ora di ritardo sull’orario ufficiale, qualcuno si lamenta ma sono in pochi e l’accento li tradisce: non sono romani, non sanno che qua funziona così, forse devono anche caricarsi tanti chilometri per il ritorno a casa, quindi ci sta, ma all’improvviso ecco che si spengono le luci, si accende il palco, il fumo di scena invade le prime file e dalle nuvole colorate di fasci luminosi, inizia ad intravedersi una figura magra, longilinea, con quella chioma inconfondibile. Partono le chitarre, la batteria inizia a picchiare, il ritmo va subito alle stelle e Francesco, come nella precedente data, intona Se continuiamo a correre. Nessuno si lamenta più, da subito si salta e ci si agita al seguito dei suoni forti sputati dalle casse.

Motta ed i suoi sprigionano un’energia che va al di là della sola musica: il pubblico che assiste ad un live, non è lì solo per ascoltare, perché se così fosse avrebbe sbagliato tutto e potremmo suggerirgli tanti altri metodi qualitativamente migliori. Il pubblico assorbe quello che arriva dal palco e se è ben predisposto, se non è in partenza freddo (e questo pubblico non lo è per niente), quando un artista si da completamente, anima e corpo, tanto corpo, come fa Francesco Motta nelle sue esibizioni, il risultato è assicurato.

Il concerto vola via con un tiro pazzesco dall’inizio alla fine, con la rodatissima band che non sbaglia un colpo e l’elettricità nell’aria che non cala mai un momento, nemmeno nelle piccole pause, quando Francesco presenta la band, o chiede al suo pubblico, introducendo Fango del suo ex gruppo Criminal Jokers: “sono dodici anni che scrivo canzoni, dove eravate prima?” o ancora ringrazia pubblicamente Riccardo Senigallia che ha prodotto il disco ed a sorpresa, compare sul palco per cantare qualche strofa con Francesco e raccogliere l’applauso convinto del Monk.

Con Cambio la faccia si chiude la prima parte e nel bis si riparte col botto, con una versione infuocata di Roma stasera che fa esplodere la sala. Poi Abbiamo vinto un’altra guerra e per finire, una grintosissima esecuzione di Prenditi quello che vuoi in cui tra lunghi e potentissimi tratti strumentali, microfoni che vanno per terra, salti sulle spalle di Giorgio Maria Condemi (ispiratissimo alla chitarra) ed un piccolo ma per nulla scontato crowd surfing, si sugella la fusione totale tra la band ed un pubblico in visibilio.

Il tour sta finendo: “Pensiamo di fare una cover band di Motta con noi, sennò altro che analista…” scherza amaro Francesco, che comunque conferma più volte la prossima lunga pausa dai live per lavorare ad un nuovo disco.

Mancheranno i live di Motta, ma la mancanza sarà in parte colmata dall’attesa di un nuovo disco che, dopo il lavoro eccezionale che è stato La fine dei vent’anni, genera già curiosità.

Uscirà nel 2026 e si chiamerà la fine dei trent’anni” dice lui dal palco del Monk. Tutti la prendono a ridere e speriamo vivamente sia uno scherzo per davvero. Nel frattempo, quando lo incroceremo ancora nelle vie del Pigneto, un “Bella France’, allora ‘sto disco?” non glie lo risparmieremo di certo.

RM

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