
L’ho ascoltata ieri notte, in cuffia, con la testa appoggiata al cuscino e gli occhi fissi nel buio. Panico, il nuovo brano di BOHRIS. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma qualcosa nel titolo mi ha attirato subito. Forse perché “panico” è una parola che conosco fin troppo bene.
E infatti mi ci sono ritrovato dentro, subito. Come se la canzone avesse trovato il modo di tradurre quella sensazione strana che mi prende spesso quando tutto si ferma e restiamo solo io e i miei pensieri. Un battito sintetico che pulsa sotto pelle, parole che sembrano pensate lì, in quel momento esatto in cui la mente comincia a girare in loop e niente sembra avere un senso chiaro.
BOHRIS non urla, non si agita. Ma ti prende, ti tiene con sé per tre minuti e qualcosa, e ti dice: “Lo so. Ci sono passato anche io. Non sei solo.”
E questo, sinceramente, mi ha fatto bene.
C’è malinconia, sì. Ma non è vuota. È quasi dolce, come se BOHRIS volesse abbracciarla anziché combatterla. E nel farlo, ti invita a fare lo stesso. A non avere paura di quelle parti di noi che ci spaventano. A restare lì, anche quando fa male.
Mi è piaciuta perché non cerca soluzioni facili. Non promette che andrà tutto bene. Ma accende una luce, piccola, in fondo a una stanza buia. E magari non basta, ma intanto illumina. E in certe notti, è tutto quello di cui abbiamo bisogno.
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