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Recensione “Giovani Leoni”: il ritorno da J°°i degli Endrigo

Non saranno la migliore band death metal di tutta Brescia* gli Endrigo, ma solo perché non suonano metal. Sono però, di contro, una speranza per quanti ancora credono in un genere musicale da anni dato per morente, ma che ha sempre tanto, tanto da dire.

*frase tratta dal titolo dell’ultimo pezzo dell’album: La migliore band death metal mai esistita in tutta Brescia

 

In questo loro secondo album, “Giovani Leoni” (Ammonia Records, uscito il 6 aprile), come loro solito, gli Endrigo fanno “frullare” chitarre e batteria e questo già basterebbe, per quanto mi riguarda, per porli al di sopra di una grossa fascia di proposte più o meno nuove del variegato panorama italiano. Proporsi al mondo “indie” attuale con il loro alternative rock attanagliato nell’anima dal grunge, senza avere spalle grosse come quelle ad esempio di Ministri o Fask, è un atto così coraggioso e coerente con se stessi che da solo meriterebbe un premio. Per fortuna però, gli Endrigo lo fanno, e per fortuna non sono neanche i soli ultimamente, ma non è questo lo spazio per aprire questo fronte di discussione.

Oltre a ciò che già basterebbe, poi, c’è anche tanta sostanza. Davide Lasala conferma le ottime impressioni da produttore, già apprezzatissime con l’ultimo lavoro dei suoi Giorgieness (di cui è anche il chitarrista). Proprio il feat con i Giorgieness, “Il ragazzino”, sarà per la bella sorpresa di trovare all’improvviso la voce di Giorgia D’Eraclea affiancata a quelle di Gabriele e Matteo Tura, sarà per uno dei versi più incisivi del disco: “la musica mi ha preso tutto, ma prima non avevo niente”, sarà per l’intensità concentrata in quel minuto e 58’’, si presenta come una delle chicche principali dell’album.
Ma non l’unica: “Il ritorno dello J°°i” (si, scritto così perché lo Jedi è un marchio registrato e non commercializzabile, più o meno), primo singolo estratto e prima traccia del disco, apre subito la strada al mood malinconicamente analitico che ci accompagnerà nell’ascolto fino alla fine e parte da lontano, dall’età della scuola, che per loro poco più che ventenni non è poi così lontana. Poi si vanno a toccare temi vari, momenti diversi della vita (Fumo Pacco è un’altra bella “mina”), si citano nomi importanti della musica italiana (Giovanni Lindo Ferretti Vs. L’Universo) per farne un mezzo di introspezione, e della musica internazionale, domandandosi “qui nessuno conosce i Fugazi, ci credi?” (in Questa è la casa). E si, purtroppo ci si crede facilmente, ma se grazie agli Endrigo qualche giovane ascoltatore deciderà di conoscerli, i ragazzi avrebbero anche reso un servizio all’umanità.

 

 

Insomma, “Giovani Leoni” è un gran bel disco, definito dagli Endrigo come “una seduta dall’analista”, in cui la band bresciana, nei momenti di vita vera lontano dal palco, che invece è un momento a detta loro di “illusione rassicurante”, va alla ricerca delle radici del malessere fino a trovarle nell’infanzia.

Per noi che degli Endrigo siamo diventati fan, è anche il nuovo passo, dopo i due EP “Spara” (2013) e “Buona Tempesta” (2015), e l’album di esordio “Ossa rotte, Occhi rossi” (2017), per un percorso della band che speriamo, confermando di volta in volta il trand qualitativo fin qui seguito, possa essere lungo e produttivo.

di Riccardo Magni

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