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Negrita alla Casa della Musica – Rock, cuore e “anni spietati”

MegritanegritNegriyaÈ mercoledì sera a Napoli e la Casa della Musica vibra. I Negrita salgono sul palco con la consapevolezza di chi ha attraversato vent’anni di musica italiana lasciando un segno profondo, e con la voglia intatta di guardare avanti. Il pubblico è caldo, variegato, affezionato. L’atmosfera sa di festa, ma anche di viaggio emotivo.
Si parte con Nel blu, dall’ultimo disco Canzoni per anni spietati: il brano è un’apertura densa, riflessiva, che mette subito in chiaro il tono del nuovo corso. La band non ha paura di mostrarsi vulnerabile, e lo dimostra subito dopo con “Non esistono innocenti amico mio”, altro inedito che conquista già al primo ascolto.
Appena attaccano “Bambole”, parte l’urlo collettivo. È una delle perle più luminose del loro repertorio, e stasera viene restituita con una dolcezza cruda, piena di vissuto. Su “Provo a difendermi” i Negrita si fanno più duri, più ruvidi, e il pubblico risponde. Poi arriva “Che rumore fa la felicità?”, che trasforma la sala in un’onda che balla e canta, tutti insieme, stretti da un’unica domanda esistenziale.
Poi è il turno di “Brucerò per te” pezzo che vibra come un mantra, pieno di desiderio e di resa. Su “Il gioco” si torna a pestare forte, e “In ogni atomo” conferma il suo status di evergreen: è una carezza rock, potente e nostalgica al tempo stesso.
A tenere unito tutto c’è Pau, frontman carismatico e trascinante, che domina il palco con naturalezza. La sua voce, il modo in cui parla al pubblico tra un brano e l’altro, i gesti sicuri e mai forzati: è un leader nato, capace di scaldare, guidare, emozionare.
Il momento speciale arriva con “Song to Dylan”, la loro dedica al maestro. Il pubblico ascolta in religioso silenzio. Quest’anno si parla tanto di Dylan, anche grazie al film con Timothée Chalamet, e i Negrita gli rendono omaggio con rispetto e passione sincera.
Poi scatta “Ho imparato a sognare” ed è un momento magico: tutti cantano, tutti si ritrovano, è come tornare a casa. Subito dopo, “Ama o lascia stare” e “Radio Conga” tengono altissima la temperatura, soprattutto grazie alla presenza sul palco del chitarrista Lucky Salvadori, che impreziosisce il brano con energia e gusto.
Ma è con “Il libro in una mano, la bomba nell’altra” che parte il pogo. È uno di quei momenti che fanno sentire vivo il corpo e lo spirito. E quando parte “Rotolando verso Sud”, la sala esplode: a sorpresa entra Roy Paci con la sua tromba, e il brano si trasforma in una festa globale, solare, piena di calore.
Non mancano le gemme nascoste: “Il giorno delle verità” si rivela dal vivo un piccolo capolavoro, troppo spesso dimenticato. Su “Noi siamo gli altri”, ancora dal nuovo disco, l’emozione è palpabile: occhi lucidi, mani alzate, cuori aperti.
Prima del bis, arrivano “Cambio” e poi “Mama Maè”, e qui il pubblico letteralmente impazzisce. È un’esplosione, un urlo liberatorio che invade tutto lo spazio.
Il bis è puro regalo: “Ehi! Negrita”“Dannato vivere”“A modo mio” e la chiusura epica con “Gioia infinita”, ancora con Roy Paci a far vibrare l’aria. È una conclusione col botto, che lascia tutti svuotati e pieni allo stesso tempo.
I Negrita non suonano un semplice concerto. Portano sul palco un viaggio, una confessione, una dichiarazione d’intenti. Mostrano le ferite, la bellezza, la rabbia e la speranza. Pau li guida con cuore e carisma, e il pubblico lo segue senza esitazioni.
Napoli li accoglie con un affetto viscerale, e loro restituiscono tutto, fino all’ultima nota.
Il rock ha ancora senso. Anzi, è proprio in questi “anni spietati” che ne serve di più e i Negrita lo dimostrano ancora!
A cura di Stefano STRE Crispino

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