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Limbrunire ci racconta il suo nuovo singolo “Un’ora d’aria”

Esce venerdì 29 ottobre 2021 Un’ora d’aria, il nuovo singolo del cantautore ligure Limbrunire (al secolo Francesco Petacco), un nuovo capitolo che, con synth trascinanti ed evocativi, come una profezia casuale (perchè questo brano nasce in realtà prima della pandemia globale che ci ha colpito), evidenzia l’esigenza di prenderci una pausa: dal lavoro, dal nostro pianeta, da tutto quanto, anche solo per un’ora, anche solo per tornare da te.
Un’ora d’aria nasce nel dicembre 2019, in largo anticipo su ciò che avrebbe sconvolto e poi cambiato il mondo. Non è quindi un brano profetico pandemico, ma a quest’ultima realtà alquanto claustrofobica può assolutamente essere contestualizzato. Un’ora d’aria fa leva sull’evasione dai tempi odierni costipati in un divenire confuso, ovattato dal pulviscolo dell’incertezza e dalla richiesta continua e frenetica di soddisfare e portare a termine la completa disumanizzazione dell’individualità sacra e intangibile che risiede in ognuno di noi. Non ha una matrice malinconostalgica, rappresenta piuttosto il punto d’incontro tra la coscienza e la volontà di prendersi e riprendersi un’ora d’aria come atto sovversivo al retaggio sociale, sempre più simile a una prigione a cielo aperto e quanto più distante dalla parola libertà nella sua massima accezione.

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Non abbiamo saputo resistere. Volevamo saperne di più!

Esiste una scena ligure? Chi ne fa parte? Dove vivi in questo momento?

Esiste eccome, soprattutto nel levante ligure, nonostante la Liguria sia per antonomasia una terra ostica, poco propensa alla valorizzazione del suo patrimonio culturale. Penso al mio fido scudiero David Campanini che nei suoi Sonic Lab Studio Mastering ha convogliato artisti sublimi come Emiliano Bagnato, Deut, Sofia Ricci, oppure alla scena alternativa e recentemente mainstream (vedi Cmqmartina) creata con pazienza e lungimiranza negli anni da La Clinica Dischi nella quale rientra il talento cristallino di Manuel Apice vincitore del Premio De Andrè e mente creativa di un nuovo format “Ferlinghettiano” (La Jungla), ad Andrea Paganetto, fuoriclasse della tromba che ha avuto recentemente il piacere di accompagnare Manu Chao, al collettivo Ferneweh che ha riscosso successo al Premio Princesa de Asturias di Oviedo, a Ginevra Nervi che si sta prendendo sempre più la scena elettronica, al fenomeno trap Anna Pepe, ai Tèracomera che sono approdati alle finali di Sanremo Giovani, ad Andrea Harpo Giannoni ormai punto di riferimento nazionale e non solo per ciò che concerne il blues e a tanti altri non meno importanti.

In questo momento e da qualche anno a questa parte vivo a Castelnuovo Magra, a un chilometro circa dalla Toscana, con un piede nell’acqua e l’altro in collina. 

Perchè secondo te nell’ultimo periodo è tornato di moda il cantautorato, nonostante siamo cresciuti con una scena rock imponente (Afterhours, Marlene Kuntz…)?

Credo faccia parte della ciclicità delle mode e dalla vita in se nascere, morire e tornare, passare comunque.  Da qualche anno a questa parte è un buon momento per il cantautorato anche se ho la percezione che a breve ci sia un ritorno imponente del rock, grazie indubbiamente anche al fenomeno Maneskin. Il cantautorato rispecchia comunque un certo target, rientra spesso in questa categoria chi ha una vena nostalgica/malinconica/romantica, chi si prende un tempo in più per l’ascolto, chi è magari più slow. In un epoca di tempi stretti e tiranni il cantautore ha bisogno più del solito di rallentarli e dilatarli attraverso le canzoni, le parole.

Di cosa parla Un’ora d’aria, il tuo ultimo singolo?

Della necessità di prendersi un momento per se stessi lontano da futili distrazioni. Dell’urgenza di riappropriarci della nostra sfera emotiva, empatica e sinergica attraverso la cura delle piccole cose.

Quanto ha influito il Covid sulla tua scrittura e sulla tua musica?

Ha influito molto, inizialmente mi ha ispirato tantissimo tant’è che per un momento ho pensato di vivere all’interno di una prolungata eiaculazione creativa. In un secondo momento ho iniziato a percepire il suo peso vivendo una sorta di blocco nel quale ho avuto il timore di sembrare fuori luogo o fin troppo scontato. Attualmente si sta facendo largo la consapevolezza e credo che i prossimo brani rispecchino appieno questo sentimento distopico, penso analizzino più del solito il momento storico che stiamo attraversando, quanto mai di rottura ed epocale, di perdizione esistenziale. 

Come nasce un brano de Limbrunire?

A volte da un beat che suono o creo con la drum machine che poi viviseziono, scompongo e riallineo attraverso l’editing che utilizzo come strumento creativo, dopodichè aggiungo bassi analogici/digitali, synth vari e chitarre, sommando spesso più suoni attraverso un’attenta operazione di layering. Una volta trovata la struttura faccio un pre-mix e creo una top line che nasce spesso con il testo, rifinisco quest’ultimo, al quale tengo particolarmente e registro le voci, sperimentando con suoni e armonizzazioni senza l’utilizzo di autotune e simili. Infine vado a scremare, a snellire, a spegnere o riattivare tracce. Alle volte invece imbraccio la chitarra e scrivo in maniera classica, per così dire più cantautorale. 

Ci racconti qualcosa del tuo libro?

Ho iniziato a scrivere Io, tu e le piramidi a febbraio 2020, poco dopo è stato indetto il primo lockdown nazionale. Ho preso quindi tutto come un segnale premonitore così ho pigiato sull’acceleratore e nell’arco di due/tre mesi l’ho portato a termine. E’ stato un lavoro di cesello costante e quotidiano, ogni giorno scrivevo per circa un’ora e mezza attraverso un flusso di coscienza e alla fine ne è venuto fuori un romanzo storico, di formazione, scritto a tratti in forma di diario. Al suo interno si alternano tre livelli temporali differenti e tre protagonisti uniti tra loro da un legame di parentela, più altre non meno importanti comparse. Tratto argomenti quali il viaggio, la scoperta, la condivisione autentica, la perdita, l’amore, l’erotismo, la crescita, l’amicizia.

Insomma parlo di vita.

Grazie

L.

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