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Quando ho incontrato TGP: Stefano Gurioli

La bellezza e la velocità della vita.

Intervista a cura di Giorgia Groccia

Fuori il 27 marzo su tutte le piattaforme digitali l’ultimo singolo di Stefano Gurioli, Stelle Cadenti.

Il brano è una metafora della bellezza, della velocità della vita e dei rapporti umani nel 2020, tra prospettive, sogni, serate, futuro, relazioni svolte come fossero “alberghi ad ore” e relazioni  destinate a restare.

Musicalmente è un pezzo che deve qualcosa a Bersani, a Scarda, a Vasco Rossi.

È diverso da quelli scritti in precedenza, vi è un cambiamento radicale alla base, ovvero una nuova produzione, fatta in questo caso dall’RKH, specializzati in ambito rap e electro-pop.

 

 

Noi di tgp abbiamo chiacchierato con lui, eccone il risultato:

 

Dopo ben due lavori discografici torni con il tuo ultimo singolo Stelle Cadenti. Com’è nato il brano? Da quale esigenza sei partito?

Sono partito, come sempre, dall’esigenza di muiscare le riflessioni che faccio in un determinato periodo, Stelle Cadenti e’ una canzone che rispecchia lo stato d’animo che ho spesso ultimamnette. Mi capita di pensare che abbia l’età giusta per realizzare alcuni miei progetti, e a volte invece penso che sia troppo presto, perchè in fondo ho quasi 24 anni. Mi capita di pensare che alcuni legami con certe persone siano stupendi, e spesso invece sembra tutto legato ad un filo, che il più delle volte viene spezzato dalla fine di una serata. Mi è venuta questa immagine delle stelle cadenti, dell’aquilone che spera nel vento e spera nel sole per volare sui tetti, e che poi inevitabilmente però torna giù.

 

Da quali brani /artisti trai ispirazione per scrivere la tua musica?

Ultimamente sto traendo molto ispirazione da artisti ancora non del tutto emersi a livello nazionale, penso a Cardo, a Scarda. In generale però gli artisti più importanti per me sono stati Ligabue e De andrè, senza di loro probabilmente non avrei mai pensato di iniziare a scrivere, e mi hanno anche influenzato nelle scelte più importanti che ho fatto finora, ad esempio penso che non sarei nemmeno enologo se non fosse per i messaggi che ho colto in De Andrè, in particolare riguardo alla forte simbiosi che esiste tra uomo e natura, e ancor di più tra l’uomo e le stagioni, quasi sempre presente nei suoi testi. Non lo sarei nemmeno se non fosse mai stata scritta Buonanotte all’Italia, insomma credo che i cantautori possano avere un impatto molto forte sulla crescita personale.

 

 

Se dovessi scegliere un altro periodo storico che non sia questo per fare musica, quale sceglieresti?

Verrebbe naturale rispondere negli anni settanta, dove mette le radici la  musica che ancora oggi ascoltiamo e si consacrano gli strumenti che sono ancora fondamentali nella musica di oggi. In realtà però penso che spesso si tendano a mitizzare dei periodi storici, non posso sapere come fosse realmente provare a proporre un progetto discografico negli anni settanta, nelle biografie degli artisti di quegli anni sembra tutto rose e fiori ma sono sicuro che non sia stato facile neanche in quegli anni.

Oggi con l’avvento dello streaming è vero che si tende a dare meno importanza alla musica, soprattutto agli album, e gli ascolti sono più distratti, però secondo me in futuro ci saranno molti più artisti da poter ascoltare e che riusciranno a ritagliarsi una propria fetta di pubblico, quindi l’importanza di riviste specializzate come questa sarà sempre di maggiore importanza.

 

Sappiamo che hai calcato diversi festival prestigiosi condivisi con artisti dal calibro non indifferente. Quale palco ti ha emozionato di più sin ora?

La risposta che mi viene di getto è quando sono stato selezionato per suonare a Modena Park prima del concertone di Vasco Rossi, anche se devo dire che le esperienze che mi hanno segnato sono state davvero tante. Ad esempio la serata dell’IncantoSummerFestival, con alle spalle l’orchestra di Sanremo, davanti la piazza più bella della mia città (Ivrea), condividendo il palco con grandi nomi come Vittorio De Scalzi e Giusy Ferreri, ma ci tengo anche a parlare di Spaghetti Unplugged, che secondo me rappresenta un po’ il Folk Studio dei giorni nostri, una volta salivano sul palco De gregori, Venditti, oggi tra esibizioni di ragazzi emergenti salgono Gazzelle, Tommaso Paradiso, ma entrambe le serate hanno previsto il futuro del pop italiano. Durante la serata di Spaghetti poi ho conosciuto il team di persone con cui collaboro adesso, quindi è davvero un’esperienza che consiglio a chi tiene un po’ di canzoni nel cassetto.

 

Progetti futuri?

Il progetto era di tornare a Roma per due serate : un’ospitata a Speghetti Unplugged al Marmo e una all’ ItPopNight alle Mura. Chiaramente a causa dell’emergenza sanitaria le serate saranno rimandate, temo al prossimo autunno. In ogni caso questo singolo apre la strada ad un nuovo percorso, ed è appena iniziato. Ora ho la fortuna di avere un team di ottime persone che mi aiuta nel mio percorso e ne sono davvero grato.

Grazie di cuore per l’intevista.

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