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Quando ho incontrato TGP: EXWYFE

“Vorrei tanto vivere in una società basata sull’ironia. Sarebbe un mondo intelligente e molto più stimolante. “

Intervista a cura di Giorgia Groccia

EXWYFE, nato Emanuele Ferretti a Correggio di Reggio Emilia, è al suo primo lavoro nell’ambiente musicale, nonostante non sia nuovo all’arte.

Una terra che ha dato alla luce numerose figure creative tra arte e musica, un po’ come Emanuele stesso che prima di iniziare a comporre musica ha studiato pittura a Bologna per poi dedicarsi alla scrittura.

È proprio a Bologna, centro nevralgico della Regione, che inizia ad essere stimolato artisticamente anche sotto il profilo musicale avvicinandosi ad un ambiente, quello LGBTQ, che gli ha permesso di esprimere se stesso al meglio.

Raffinato ma anche giocoso (seguite i suoi social per averne la prova) e amante dei gatti, ci ha lasciato “entrare” nella sua vita per qualche tempo e ne siamo usciti completamente rinnovati nello spirito.

 

 

Ecco la nostra chiacchierata inedita per Tutti Giù Parterre.

 

Skinny Dog è il primo singolo che ti ha presentato sulla scena come musicista. Come ti identifichi nel panorama immenso dei generi musicali attuali e come mai?

Credo di avere un approccio molto vario alla musica, e questo si sentirà parecchio una volta uscito il disco. Al momento il singolo ha un mood synth pop, una parte di me che un po’ ancora mi stupisce. È nato in un periodo in cui stavo ascoltando molto indie pop americano, come Sza e Frank Ocean e di conseguenza ha assorbito un po’ di quelle influenze. Nel disco ci sono altri brani che vogliono ricordare quella scena d’oltre oceano, ma anche tanto amore per l’hip hop straniero, che credo io e Giacomo, l’altra parte del progetto, siamo riusciti a sviluppare in modo personale. Per terminare in noi c’è anche molto retaggio europeo, specie quello che viene dal regno cupo dell’elettronica nordica, come Planningtorock e The Knife.

 

Come hai coniugato l’Emilia Romagna con la Lombardia? Il tuo lavoro è frutto anche di queste due condizioni di appartenenza?

Sono sempre stato affascinato dalle grandi città. In Emilia la più grande è Bologna, dove ho vissuto per anni, ma la voglia di andare verso qualcosa di più grande era tanta e Milano era decisamente lo step successivo. Milano è stata fondamentale per capire come fare la mia musica anche perché qui ho incontrato Giacomo Carlone, che mi aiuta a tradurre in produzione tutto il lavoro creativo. A volte questa città cerca di somigliare a una metropoli straniera, senza mai riuscirci veramente, però questo stimola molto la mia immaginazione e la voglia di ricreare qualcosa di nuovo, che non somigli troppo a quello che già stanno facendo in Italia. Al momento mi sono fermato in questo luogo, ma la voglia di città diverse resta e mi chiedo quanto grande e densa di influenze sarà la prossima. Invece di Bologna nel mio lavoro c’è l’amore per il rompere certe regole e stilemi dettati dalle mode. Gli emiliani sono tanto spontanei e viscerali nel loro approccio, questo credo sia una parte di me che ancora cerca di resistere.

 

Se una persona potesse vederti dal “parterre” tu su quale palco avresti piacere di suonare?

Il mio sogno è di arrivare a suonare in un festival come il Primaverasound di Barcellona, dove tutti i veri nerd della musica come me, e non solo, si concentrano e danno davvero molta attenzione ai musicisti anche meno conosciuti. In questo momento di quarantena, però, sarebbe già un sogno poter tornare a condividere la musica dal vivo in qualunque luogo ci sia la possibilità.

 

 

Invece per EXWYFE qual è il concerto più bello che ha visto e invece quale vorrebbe vedere?

Anche se non ha un diretto legame con il mio genere musicale, il concerto che ricorderò per tutta la vita è stato quello di Nick Cave and The Bad Seeds, proprio al Primaverasound. E’ incredibile come quell’uomo riesca a trasmetterti la potenza, a catalizzare l’attenzione del pubblico mantenendo altissima la resa della performance. Per la prima volta mi è sembrato di assistere a qualcosa di leggendario, che forse poteva somigliare ai grandi mostri del passato, come Jim Morrison. E per completare il tutto lui ha una band con una dinamica impressionante. Concerto da vedere, sicuramente quello di King Krule che non ho ancora visto dal vivo, e del quale i due ultimi album mi piacciono davvero molto. Credo che sia uno degli artisti più affascinanti del momento. Sono curioso di vedere se dal vivo riuscirà a mantenere la pasta sonora dei dischi, che hanno un che di denso e marcio a cui non so mai resistere.

 

Se parliamo in termini di realtà e ambiente LGBTQ che tu frequenti, quale credi siano, se ci sono, delle conquiste di cui ancora dobbiamo farci carico e quali invece quelle che siamo riusciti ad ottenere e a mantenere?

Ci sono ancora varie conquiste da fare. Suona banale dirlo ma in Italia siamo parecchio indietro. E’ stato già un passo avanti ottenere le unioni di fatto. Ogni piccola vittoria aiuta ad evolvere la società, ad abbattere i pregiudizi e a migliorare la vita degli LGBTQ. Ma resta complicato, specie viste le ultime ribalte politiche, riuscire a mantenere i traguardi, più che da un lato giuridico, per un aspetto culturale. Anche le nuove conquiste sembrano sempre più dure da ottenere, proprio perché la mentalità non vuole evolvere in quella direzione. Si deve arrivare alla legge sulla omo-transfobia, che aiuterebbe ad abbattere la forte discriminazione che persiste soprattutto nei confronti delle persone trans; e si deve arrivare ad avere delle leggi che tutelino i diritti dei genitori di una famiglia omosessuale nei confronti dei propri figli, naturali o acquisiti. Tutto questo per il paese in cui ci troviamo sembra ancora fantascienza, ma dobbiamo continuare a lottare, non solo per noi, ma perché l’umanità non si può arrestare ad un concetto retrogrado di libertà.

 

Credi che le donne, le femministe, debbano farsi carico in prima persona delle battaglie che ancora devono essere affrontate?

Credo che tutti debbano farsi carico di queste battaglie. Non serve essere donne per capire sulla propria pelle che nel mondo si fanno inutili e dannose differenze legate al genere. È qualcosa di evidente e ridicolo. Anche solo la parità retributiva sembra un goal molto complicato da raggiungere. Al momento so che ci sono realtà lavorative che si stanno muovendo nella giusta direzione, ma sono in genere grandi multinazionali e sappiamo che il mondo è fatto per lo più da piccole realtà, spesso sessiste.

 

Il tuo album, BUTTER, rappresenta la società, come ci hai detto, con ironia e anche un po’ di amarezza. Dobbiamo aspettarci più ironia o più amarezza?

Vorrei tanto vivere in una società basata sull’ironia. Sarebbe un mondo intelligente e molto più stimolante. L’amarezza invece sembra essere una condizione umana intrinseca. Possiamo cercare di arginarla e lasciarla in secondo piano, ma fa parte delle dinamiche sociali, e credo che in fondo sia ancora oggi uno dei più grandi motori creativi. L’importante è farne buon uso, lasciando che ciò che creiamo con amarezza sprigioni più ironia possibile.

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